L’ossessione che mi porto dietro da non so quanto tempo sembra essere una di quelle tematiche che non è mai invecchiata, che da quando è stata partorita è sempre stata attuale, contingente, addirittura impellente: la Città Ideale. Già solo il nome, bellissimo! Ha un sapore intigrante, genera immagini fantastiche. Come fa ad essere ideale una città? E’ impossibile, perché il concetto stesso rappresenta una moltitudine, impossibile quindi che ci sia una moltitudine così amalgamata da poter generare un’ unica idealità. E come è riportato nel sito the polaroid, non prendere in considerazione un progetto se non è impossibile.
La mia città ideale ha lo skyline di New York, con il mare che tange i bordi. La mia città diventa ideale quando la lastra del tempo si curva e il passato è a filo con il futuro. E’ chiaro che il mio stile è quello, quindi sembra quasi ovvio. Graficamente parlando, il contrasto temporale nei miei lavori è sin troppo evidente (o facile).
Il mio futuro è nei grattacieli, nelle aero-navi, nel flusso di attività da metropoli. Il passato è nell’effetto dagherrotipo, nelle sfumature e increspature da antico foglio. Nel più profondo, però, penso che ci sia qualcosa di meno artificiosamente solleticante e simmetrico.
Ma che cosa?