Quando arriva il momento in cui devi riflettere (riflessioni, specchiarsi, guardarsi…dentro), ho inizialmente un moto di rifiuto. Oltre ad una vaga paura di trovare cose spiacevoli, tentare di analizzare ciò che si è fatto rischia di essere frainteso e visto come autoreferenziale. Dovrebbe essere qualcun altro a farlo, qualcuno al di fuori di te (e l’hanno fatto, quanto meno a voce e hanno condiviso con me i pensieri), e io non posso certo esimermi dall’analizzare gli ultimi due eventi artistici ai quali ho partecipato, di cui uno in particolare mi ha preso per mesi e mesi.
Donne e Motori è la collettiva che ho sviluppato e di cui ho curato la direzione artistica e (insieme a Nero Levrini) l’organizzazione e allestimento a ottobre ’15 qui a Reggio Emilia presso i Chiostri di San Domenico. Ma sono qui i leoni? è stata la mostra alla quale ho partecipato quasi subito dopo, invitato dalla sua curatrice, Donatella Violi, in veste di videomaker (più qualche tavola illustrata) con un video che mi ha impegnato spiritualmente e temporalmente parecchio.
Entrambe hanno avuto un afflusso di visitatori anomalo per eventi non di fascia alta, cioè senza nomi storicizzati o figure storiche del panorama artistico. All’inaugurazione di Donne e Motori i Chiostri erano veramente affollati. La sala dove si è esibita Antonietta Centoducati era così piena che non ci si riusciva ad entrare. All’inaugurazione di Ma sono qui i leoni? c’era fila fuori dalla porta dello Spazio Gerra! E il flusso sostenuto di visitatori è continuato per tutta la durata delle due mostre.
Mi sono chiesto: come mai due mostre senza particolari elementi attrattivi al di là delle proposte e della qualità del materiale che offrivano (cioè no artistar, no elementi dal valore storico, no campagne pubblicitarie o provocazioni outdoor o indoor), hanno attirato così tanta attenzione e visitatori?
Donne e Motori era una provocazione. In realtà non sopporto come il concetto di provocazione venga spesso applicato nel campo dell’arte o della comunicazione più in generale. Ma in effetti questo evento lo era. Però, a differenza delle provocazioni alle quali ci hanno abituato in questi anni, aveva una particolarità piuttosto unica: era politicamente corretta. Non era provocazione di stampo erotico/sessuale, di stampo religioso e via andare. Aveva delle premesse linguistiche e aveva come obiettivo quello di una concreat conseguenza nella collettiva percezione. Era una mostra dall’ingenuità sfacciata e cristallina: voleva ribaltare il concetto nella testa della gente, sì la gente. Nel momento stesso in cui la ideavo, pensavo ad attività di comunicazione, come video che presentavano in maniera anomala o fuori dagli schemi seriosi i contenuti. Tutta la parte comunicazione web ha avuto un lungo lavoro di gestazione e, insieme a Massimo Tranquilli, che ha curato sempre le mie cose per il web, a partire dal sito, abbiamo sviluppato un format, dai risultati soddisfacenti. La performance teatrale, 3Donne, con Antonietta Centoducati e Gianni Binelli (scritta da me) è stata parte integrante della mostra ed una delle parti di maggior successo. La contanminazione di generi può essere non strumentale e non fine a se stessa e può comunicare quelle che sono le intenzioni generali.
Ma qui ci sono i leoni? partiva dal più classico dei temi: il viaggio. Una qualche magia ha avvolto questo progetto, conferendogli un unicum che altri eventi o mostre simili non riescono ad ottenere. Come per tutte le magie, è difficile razionalizzarne l’essenza. C’era un filo che collegava tutti gli artisti (io e Lorenzo Criscuoli siamo stati invitati in un secondo momento, Alessandro Bartoli e Alberto Artioli facevano invece parte del gruppo storico). Innanzitutto l’assenza molto presente di un artista come Elis Bassi (scomparso un anno fa), al quale è stata dedicata la mostra e che aveva preso parte all’ideazione del progetto. E così una doppia magia.
La morale che ci ho letto è stata: non puoi preparare una buona cena semplicemente aprendo scatolette. Non puoi sviluppare un progetto espandendo meccanicamente concetti già elaborati da scuole di pensiero altrui. Non puoi strappare pagine di un libro di un qualsiasi compendio di storia dell’arte pensando di poterle utilizzarne i capitoli come base per un progetto artistico.
Entrambi i progetti erano molto, ma molto personali. Forse è stata questa la loro forza primaria. Partivano da dentro di ognuno di noi, senza tener conto di tendenze o correnti artistiche. Partivano da un aspetto umano che andava poi a riverberarsi su prospettive sociali. I titoli non si appoggiavano a insulse “trendy” espressioni anglofone che ci ritroviamo imposte per dinamiche virali. Erano progetti sinceri. La mostra provocatoria (Donne e Motori) aveva l’intenzione di fare proprio il contrario di quello per la quale una provocazione generalmente è preposta: noi volevamo rimettere a posto le cose. Le donne e i motori di Donne e Motori dovevano tornare ai valori che competevano loro, pur dando quello strano effetto a causa di un gemellaggio mal riuscito.
Vogliamo fare come per le ricette? Rendo pubblica la lista degli ingredienti di una ricetta segreta per un sicuro successo? Ma sì, la rendo pubblica. Tanto, come per la torta, anche la nonna aveva il fogliettino che girava per la cucina. Ma solo lei sapeva farla così bene!
1) Contemporaneità. Questa è la parola chiave. Basta con mostre “capitoli-storia-dell-arte”. Non se ne può più. Ok, c’è spazio per tutti. Ma partire dal presente per sviluppare pensieri e impressionarli su fogli, statue o immagini è un analisi che gli artisti dovrebbero fare, sempre di più.
2) Il sè. Partire da se stessi, dalle proprie impressioni, da quello che uno vede, tutti i giorni. Come facciamo a fare gli artisti, se l’unica cosa è ritrarre la realtà o giocare con le tecniche, come se fossero queste lo scopo finale e non il mezzo per raggiungere altro.
3) La provocazione in sè ormai è sterile. Per quello che mi riguarda, non interessa affatto.
4) In entrambe le mostre si è riusciti a raggiungere un livello di omogeneità, di armonia che non è facile raggiungere sempre. Qui, la fortuna, ha un’influenza non secondaria. Per Donne e Motori direi che perfino è stata fondamentale. PerMa qui ci sono i leoni? invece…penso che è stata grande la caparbietà di aggregare realtà che hanno reso possibile la sua realizzazione. E grande l’abilità di catturare lo spirito che accomunava i 6 artisti. E tutto questo grazie a Donatella Violi.